Io e Sangeetha

Io e Sangeetha

Finalmente, dopo tanta attesa, è arrivato il giorno dell’incontro con la mia bambina adottata attraverso l’Apis.

La mattinata era trascorsa visitando il grande complesso templare di Madurai e, nonostante la bellezza del luogo, la mia mente ricordava la foto che avevo ricevuto, quel viso che avevo ben impresso e le parole che nell’ultima lettera mi aveva scritto e che erano rimaste scolpite nel mio cuore, parole ricche di semplicità e, nel contempo, di una saggezza quasi adulta, tipica di chi è costretto a crescere troppo in fretta. Durante il viaggio, tanti pensieri si affollavano nella mia mente e mi chiedevo se, veramente, ero in grado di meritarmi così tanta attenzione e benevolenza da parte sua. Arrivammo verso l’ora di pranzo all’Istituto femminile di Madurai che ospitava la mia bambina e subito ci venne incontro Suor Theresa e la prima schiera allegra di bambine. Il mio cuore in subbuglio cominciò a battere forte come non mai quando i miei occhi incrociarono due occhioni neri bellissimi, che mi guardavano con un sorriso sornione, incorniciato da un viso delicato e da un delizioso vestito color giallo ocra.

Sì, era proprio lei, Sangeetha. Cercai di confondermi tra i miei compagni di viaggio, poiché desideravo che lei e le altre bambine non si accorgessero di me. Poco dopo ci accompagnarono in una grande sala per mostrarci uno spettacolo di danze e musica che avevano preparato appositamente per noi. Mi sentivo un piccolo Ulisse arrivato nella sua Itaca per incontrare il suo amato figlio Telemaco. Volevo però mascherare tutte queste emozioni e condividere con i bambini il loro stupore e divertimento, seduto in terra come uno di loro, osservando in silenzio tutta l’esibizione.

Fu da quella prospettiva in cui mi sforzavo di guardare il più possibile con i loro occhi entusiasti, che mi accorsi che Sangeetha non perdeva mai di vista il mio sguardo. O così la forte emozione mi faceva capire. Al suo fianco c’era un’altra bambina, che lei guardava con protezione quasi materna; solo in seguito mi resi conto che quella bambina era la sua sorellina minore, Deepika. Avvicinatesi, Sangeetha, con una semplicità disarmante, mi disse che era felice di vedermi e pregava ogni giorno per me.

L’abbracciai con pacata discrezione, cercando di trasmetterle una tenerezza paterna e un po’ di quell’affetto, che gli era stato spesso negato. La gioia accesa nel mio cuore per la presenza di entrambe fu grandissima. Restammo insieme a guardarci ed a parlare in un timido inglese e qualche frase tradotta per noi dal tamil da Suor Theresa. Finché fu possibile.

Ma dovevamo partire… prima o poi. Mi restarono entrambe vicine fino al momento della partenza, regalandomi sguardi e sorrisi che mai dimenticherò. Come scordarli.

Qualche mese più tardi, sul luogo di lavoro, la purezza del viso di Sangeetha, che avevo fotografato tante volte, fece incantare altre persone che vollero a loro volta adottare altre ragazze della sua stessa scuola, e passeggiando lungo la spiaggia, complice il mare e la luna piena che luccicava come non avevo mai visto, ripensai a quegli occhioni e alla luce che vi brillava dentro. Sembravano piccole stelle sul mare che ci erano state donate in segno d’amore.

Mi commossi di nuovo come allora ed ebbi solo il tempo di dire tra me e me: “Grazie Sangeetha di averci tutti adottati”.

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